+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
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e vi piantò una vigna |
È la terza volta che torna l’immagine delle vigna in questo capitolo; qui il padrone del terreno, che pianta la vigna con attenzione e cura, richiama l’immagine della Genesi in cui è Dio stesso a piantare un giardino:
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato (Gen 2,8).
Il parallelismo tra queste due immagini ci aiuta a sganciare la lettura della parabola dalla diatriba con i farisei: i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro (Mt21, 45). Il testo stesso sottolinea questa lettura che affida responsabilità nuove alla chiesa nascente, ma c’è pure una responsabilità di ogni “Adamo” a cui è affidato il Giardino della creazione.
È fuori dubbio che l’intenzione primaria della parabola è quella di raccontare l’elezione d’Israele, e come Dio l’abbia curata e seguita nella storia, ma nello sfondo c’è la particolare elezione dell’uomo su tutta la creazione. Mentre le parabole evangeliche hanno caratteristiche maggiormente simboliche, la redazione finale che noi leggiamo è fortemente allegorica e induce a individuare i singoli personaggi del racconto fino ad arrivare a Gesù ucciso fuori le mura di Gerusalemme. |
La diede in affitto a dei contadini |
L’affidamento della vigna non è un atto formale come un contratto di mezzadria o di affitto ma un vero e proprio affidamento, come l’invio dei servi per ritirare il raccolto, vanno letti nella più ampia relazione di amore tra il Creatore e la creazione, tra Dio, il suo popolo e tutta l’umanità.
La deviazione dei vignaiuoli e dell’uomo è quella di non capire la relazione d’amore e proiettare in Dio il proprio desiderio di possesso arrivando a considerarsi pari a Dio e il Suo regno come una proprietà. L’essenza della tentazione, il peccato originale dell’uomo è proprio questo: «Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gen 3,5).
Dio non è “padrone” ma Signore; la Sua vigna, il Suo regno, il mondo stesso, perfino la storia non ci appartengono e non ci apparterranno mai. Noi siamo solo degli affittuari di un dono che ci è stato affidato per amore. Sembra invece che stiamo “giocando” a fare i padroni insulsi e incoscienti, irrispettosi anche di ciò che riteniamo nostro distruggendo il mondo, quella vigna preziosa e amata dal creatore di cui facciamo parte: lo sfruttamento del petrolio e delle materie prime, la deforestazione, la cementificazione sconsiderata, l'inquinamento dell'atmosfera, l’assolutizzazione della proprietà e del libero mercato. Così l’ideologizzazione, gli assolutismi, generano inimicizie, armamenti, guerre, violenza dell’uomo sull’uomo: vogliamo fare i padroni e non sappiamo gestire né ciò che riteniamo nostro né la nostra stessa vita. Esempio di questa mentalità sono i figli considerati oggetto di cui disporre per averli per forza o per eliminarli secondo i propri desideri o le proprie aspettative andando oltre la natura stessa.
I contadini del racconto sono conquistati dalla preoccupazione di impadronirsi della vigna. È l’atteggiamento del potere incapace di porre attenzione ai tanti messaggeri, impedisce l’ascolto delle voci dei piccoli e la cura per la crescita di tutti. È rischio costante nella chiesa (nel Codice di diritto canonico i battezzati sono sudditi) quando i responsabili prendono tutto lo spazio, non accettano il confronto, non vivono l’autorità come ascolto condiviso per un cammino comune. |
ad altri contadini |
Dio, però, non cessa di amare la sua vigna e va in cerca di altre strade. Nessuno, né i figli d’Israele, né i figli della Chiesa, come i seguaci di Maometto o di Budda o di qualsiasi altra fede ha il monopolio di Dio e del suo Regno. La storia degli uomini è punteggiata di “altri” che sommessamente, ma a volte in modo eclatante, sono testimoni di una amore che non consuma. Chi, per fare un esempio, non considera Mohandas Gandhi un grande profeta per l’umanità, una voce di Dio?
Non appartengono alla vigna, sono fuori da quelle mura ritenute canoniche, dai perimetri organizzativi e di potere, sono pietre scartate dai costruttori ma diventate testate d’angolo e fanno gridare meraviglia ai nostri occhi.
È nella periferia dell’uomo, nella realtà dello scarto che Dio fa sentire la sua voce: La sapienza grida per le strade, nelle piazze fa udire la voce; nei clamori della città essa chiama, pronuncia i suoi detti alle porte della città (Sap 1,20-21). A volte dimentichiamo che Nostro Signore ha iniziato la sua avventura umana nascendo fuori delle mura della città, vivendo al di là e al si sopra delle “regole” e ha terminato la sua storia scartato dagli uomini, ucciso fuori Gerusalemme, lontano dai poteri del sacro e del profano. Fuori dalle mura, ma dentro l’uomo. |